Aglianico, il grande vino campano ereditato dai Greci

Aglianico, il grande vino campano ereditato dai Greci

L’Aglianico è il vino estratto dall’omonimo vitigno aglianico, coltivato principalmente in Basilicata e nel territorio campano. Ha radici molto antiche, che affondano nella Magna Grecia: gli storici hanno tracciato l’importazione del vitigno per mano dei Greci tra il VII e il VI secolo a.C., con le prime piantumazioni nella soleggiata costa di Paestum.

Secondo Wikipedia, il nome Aglianico ha origini incerte. Sono tre le ipotesi più accreditate:

  • Un omaggio agli Elleni, altro nome dei Greci, la cui aggettivazione ellenico potrebbe essere il ponte con Aglianico;
  • Un richiamo alle zone pianeggianti su cui è stato originariamente piantumato: llano, in spagnolo significa pianura, a cui si aggiunge il suffisso anicus, cioè “appartenente a”.  In definitiva, vino della pianura;
  • Un riferimento alla città di Elea, antica polis che sorgeva a pochi chilometri da Paestum, diventata poi Velia sotto il dominio dei Romani.

Qualunque sia la sua storia, l’Aglianico è sopravvissuto ai millenni entrando nell’olimpo dei vini campani rossi, conosciuti e bevuti in tutto il mondo, soprattutto sotto la denominazione dei vini DOCG Taurasi e Aglianico Irpinia DOC. Il lavoro di rivalutazione del vitigno è merito dei viticoltori, che negli ultimi 50 anni hanno trasformato le uve aglianico per il taglio del Nebbiolo in un prodotto autoctono dalle gloriose caratteristiche. Ad aprirgli la strada nel mercato vinicolo internazionale fu proprio la pubblicazione del Trattato di Ampelografia guidata da due ricercatori francesi: Pierre Viala e Victor Vermorel.

Zona di produzione del vino aglianico e caratteristiche del vitigno

Abbiamo raggruppato questi due argomenti in un unico paragrafo perché caratteristiche di un vino e zona di coltivazione dialogano tra loro, ancor di più nel caso di un vitigno impiantato anche a centinaia di chilometri di distanza.

Per esempio, in Campania l’aglianico occupa quasi 7.000 ettari di vigneti, conquistando il 28% del totale dei terreni destinati alla vite e il primato tra i vitigni autoctoni a bacca rossa (o nera). A proposito della bacca, incontriamo acini medio-piccoli, dalla forma sferoidale, con una buccia sulle tonalità tra il blu scuro e il nero, la cui pruina abbondante rende meno intensa la penetrazione dei raggi ultravioletti.

Il grappolo si presenta compatto e lungo, dalla forma triangolare, e termina la sua maturazione orientativamente nella seconda metà di ottobre, periodo variabile in base alle condizioni meteorologiche dei mesi precedenti e alla posizione dei vigneti, spesso in collina con una buona esposizione al sole e al vento.

La raccolta delle uve è tardiva — considerando che per altri vitigni inizia già nelle prime settimane di agosto — ed è frutto di una tecnica enologica avanzata: avviene quando il rapporto tra la percentuale di zuccheri e di acidi corrisponde alle aspettative dell’enologo. In Irpinia, per esempio, la raccolta dell’Aglianico si spinge anche fino all’inizio di novembre, così come previsto anche dal disciplinare della D.O.C. Aglianico del Vulture in Basilicata. La Puglia e il Molise chiudono il cerchio delle zone di coltivazione del vitigno, con tecniche di coltivazione, raccolta e pigiatura simili.

Quanti tipi di Aglianico esistono

La pianta madre di aglianico è condivisa da più areali, situati nelle regioni sopra citate. Ciò è possibile grazie a una moltiplicazione vegetativa della vite, che non prevede impollinazione, come può accadere per altri alberi o piante da frutto.

I caratteri ampelografici dell’Aglianico sono perciò molto simili e vengono declinati in bottiglia grazie alle tecniche enologiche di ogni cantina. Perciò dall’aglianico vitigno derivano l’Aglianico del Taburno D.O.C.G. prodotto in provincia di Benevento, il Taurasi D.O.C.G. prodotto in circoscritti comuni dell’Irpinia e l’Aglianico del Vulture D.O.C.G. prodotto in Basilicata. A questi si aggiunge l’Irpinia Aglianico D.O.C., meno conosciuto degli altri e di cui vogliamo parlarvi meglio.

Irpinia Aglianico D.O.C.: le caratteristiche del vino campano

L’Irpinia Aglianico è un vino campano doc tra i meno conosciuti, almeno fino a qualche anno fa. Oggi è facilmente acquistabile non solo nella regione, ma anche nelle enoteche italiane ed estere, proprio come accade per tanti blasonati vini piemontesi, veneti o toscani.

Un esemplare davvero ben riuscito è l’Irpinia Aglianico D.O.C. di Tenuta del Meriggio. Il suo profumo si riconosce subito al naso: emana immediatamente sentori di frutti di bosco, come mirtilli e lamponi, riempiendo la bocca con il suo retrogusto lievemente tannico.

Lo abbiamo provato in abbinamento a un primo al ragù di carne, accompagnato da una bistecca di vitello ai ferri e patate al forno. Al palato è risultato fresco e sapido e ci ha stupito il suo colore rosso intenso, simile al rubino dei vini invecchiati in botte per diversi mesi. Da provare, anche l’aglianico Taurasi D.O.C.G. premiato al Decanter World Wine Awards del 2021.

Ha retto perfettamente il confronto con la stessa D.O.C. prodotta dall’iconica cantina Mastroberardino, che da anni ci accompagna in tavola con il suo Aglianico e, ancor di più, con il suo Taurasi.  Altre cantine interessanti produttrici di vini aglianico in Irpinia sono l’Azienda Vinicola Donnachiara, Colline del Sole, Cantine di Marzo e Antica Hirpinia.

Qual è il prezzo medio del vino aglianico rosso?

Come range di prezzo del produttore, ci attestiamo tra i 9,00 € e i 12,00 €, variabili in base alla piattaforma di acquisto online, oppure all’acquisto diretto dal produttore, e al formato disponibile. Per esempio, su tannico.it trovate un’ampia scelta di aglianico a partire da 8,80 €, dai migliori vini campani ai vini pugliesi.